Gli annunci la richiedono sempre più spesso: è la capacità di problem solving. Per i datori di lavoro si tratta di un requisito indispensabile per entrare a far parte di realtà complesse (come ormai sono tutte le aziende grandi e piccole alle prese con le molteplici sfide che il mercato presenta, strette tra la concorrenza internazionale e il periodo storico non proprio favorevole) in cui gli imprevisti sono all’ordine del giorno. Ancora prima di intervenire sul problema, però, è necessario che il dipendente abbia ben chiaro in mente che un ostacolo si sta frapponendo, a un certo punto, tra lui e il suo lavoro. Non tutti, infatti, sono in grado di riconoscere immediatamente l’intralcio, così com’è difficile prevederlo con un certo anticipo per evitare che irrompa sul lavoro quotidiano scompaginando ogni cosa. Individuarlo e prenderne consapevolezza, dunque, è già un buon punto di partenza. Sarà poi la mente a prospettare quel ventaglio di soluzioni in cui è possibile che si trovi anche la risposta più giusta. Si tenga conto, comunque, che spesso è l’intuizione, più che il ragionamento mentale, a risolvere un caso. Come può darsi, invece, che sia necessario mettersi alla ricerca di tutta una serie di informazioni sulla natura del problema – che magari presenta caratteristiche multisettoriali e pluridisciplinari – prima che ci si senta pronti ad avanzare una qualsiasi proposta. Si ricordi, infine, che ogni inciampo spezza una routine lavorativa consolidata e che, pertanto, anche le soluzioni pensate dovranno essere originali, fuori dall’ordinario. Insomma, alla fine sarà sempre come affrontare un problema per la prima volta. Per quanto – e questo va detto – anche il sistema dell’analogia può risultare parecchio utile se, ad esempio, ci si trova in presenza di una situazione che mostra le stesse criticità di un’altra già affrontata in passato.